Oggi 6 dicembre, 26 anni di sacerdozio.
Oggi 6 dicembre, il medico del Gemelli ufficialmente mi dice che sono guarito dopo 20 anni.
Tu sai che non ti dico grazie perché mi hai guarito, Signore, alla guarigione non ho mai pensato.
Nell’ottobre del 93 quando tutto crollava: crollava l’uomo, crollava il prete trascinatore, coloro che dovevano vegliare su di me mi lasciarono solo, mi sei rimasto Tu solo e il mio dubbio.
Nel mio orgoglio fino allora avevo cercato me stesso e non te, a 40 anni dovevo ridiscutere e abbattere tutto, grazie alla malattia cominciai a lavorare sodo. Senza lacrime e vittimismo e senza sconti cominciai a cercarti, quanta fatica e quanti tradimenti.
La malattia mi spinse a cercarti di nuovo, sono entrato nell’abisso del mio inferno da solo e, a trovarti la, ho iniziato ad amare la vita e non aver paura della morte.
La solitudine compagna del buio erano miei amici.
Agli altri non potevo far pesare quello che vivevo, sapevo che dovevo solo amare fino alla fine, ai figli si dà l’amore e non la preoccupazione.
Il male che avevo dovevo combatterlo su due fronti: nel fisico e nello spirito.
Quel poco di luce che veniva non era per me.
La paura con i suoi tentacoli era forte, ma la reazione ad essa era ancora più forte, la mia malattia doveva morire per dare luce e amore a coloro che volevo bene, o che incontravo. Grazie malattia che mi hai spinto fuori e non mi hai dato la possibilità di ripiegarmi.
Grazie malattia, perché mi hai insegnato a conformarmi a Cristo mio Signore tu sei stata il mezzo che mi ha unito per sempre a Chi amo davvero, e oggi senza di Lui non saprei, dove andare.
Questo ultimo grazie che ti dò malattia perché sei stata discreta, indipendentemente da te mi sono trovato tra le sue braccia. Sei stata un dono che mi ha permesso di capire la follia.